Tasse locali più che raddoppiate

23 August 2012
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Tra il 1996 e il 2011, il gettito riferito alla tassazione locale è più che raddoppiato: +114,4%. Sempre in questo lasso di tempo, le entrate fiscali di regioni, province e comuni sono passate da 47,6 a 102 miliardi di euro. L`amministrazione centrale, invece, ha aumentato le entrate solo del 9%. Se nel 1996 il gettito era di 320,9 miliardi, nel 2011 l`erario ha incassato 349,9 miliardi, mentre il Pil nazionale, sempre in questi ultimi 15 anni, è cresciuto del 15,4%. Nel 2011 ogni italiano ha ipoteticamente versato nelle casse delle autonomie locali ben 1.684 euro. Sono questi i principali risultati di un`analisi realizzata dall`ufficio studi della Cgia di Mestre: dati riferiti al 2011 e a prezzi costanti, ovvero al netto dell`inflazione. Dati che hanno subito scatenato reazioni da parte dei consumatori e dei partiti d’opposizione. “Purtroppo – dice Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia – la situazione è destinata a peggiorare. Con l`introduzione dell`imposta municipale sulla prima casa e l`aumento registrato dalle addizionali Irpef regionali e comunali, nel 2012 le entrate in capo alle Autonomie locali sono destinate a subire una ulteriore impennata. Per invertire la rotta bisogna attuare il federalismo fiscale”. L`aumento delle tasse locali “è il risultato del forte decentramento fiscale iniziato negli anni ‘90 – aggiunge – l`introduzione dell`Ici, dell`Irap e delle addizionali comunali e regionali Irpef hanno fatto impennare il gettito della tassazione locale che è servito a coprire le nuove funzioni e le nuove competenze che sono state trasferite alle autonomie locali”.

LE REAZIONI

I dati della Cgia sulle tasse locali “confermano che il maggiore federalismo ha finora prodotto solo un aumento delle tasse locali a livello ormai insostenibile per le famiglie”, dice il Codacons, secondo cui “a una maggiore autonomia degli enti locali – spiega – non ha corrisposto una maggiore responsabilità nelle spese, ma anzi più sprechi e inefficienze. Nonostante il patto di stabilità e il blocco degli stipendi pubblici per tre anni, per esempio, il costo dei comuni è aumentato invece di scendere”. Per questo l’associazione di consumatori teme ora che gli enti locali sfruttino anche l’Imu per aumentare ulteriormente le loro entrate. “Nonostante il gettito Imu incassato a giugno sia in linea con le previsioni e non giustifichi alcun aumento di aliquota – continua – il rischio concreto è quello di una ulteriore stangata a danno delle famiglie italiane già sul lastrico”. Il Codacons chiede ai comuni “di abbassare le aliquote sulla prima casa, compensando il minor gettito con una gestione più oculata dello loro spese, la riduzione di sprechi e l’eliminazione dei finanziamenti a pioggia. In alternativa i comuni dovrebbero almeno rendere l’Imu più equa, diversificando le aliquote a seconda della categoria catastale, in modo che sia più bassa per le categorie come A4 (popolari) e A5 (ultrapopolari) e maggiore per le case di lusso come A1 (di tipo signorile), A8 (ville) e A9 (castelli e palazzi di eminente pregio artistico e storico)”. “Le analisi della Cgia dimostrano quanto lo Stato centrale, per sopravvivere, abbia trasmesso alle Autonomie l’onere di sostenere il debito pubblico. Infatti, per essere completi, i dati elaborati dovrebbero mostrare di quanto si sono ridotti i trasferimenti dello Stato a comuni, province e regioni negli anni considerati”, afferma Paolo Franco, vicepresidente leghista della Commissione per Il federalismo. Per il parlamentare del Carroccio è “giusta l’affermazione di Giuseppe Bortolussi quando ricorda che, per invertire la rotta, bisogna attuare il federalismo fiscale, ma le recenti dichiarazioni del Premier Monti lasciano poche speranze. Infatti la spesa pubblica italiana ha continuato a crescere, lo Stato ha continuato a trattenere sempre maggiori quote di fiscalità (la vergogna del furto dell’Imu e delle tesorerie ne è l’ultimo esempio) costringendo gli enti locali virtuosi ad arrangiarsi, continuando a foraggiare invece la spesa locale destinata a sostenere l’impiego pubblico assistenzialista e l’economia corrotta, inefficiente e dipendente dai contributi pubblici”. “Il risultato – conclude Franco – è sotto gli occhi di tutti: i figli minori di questo Stato borbonico, imprenditori e lavoratori del settore privato e le loro famiglie, sono sul lastrico”.

di Fortunato Laurendi

Fonte: La Gazzetta degli enti locali

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