Tasi, rinvio per le città in ritardo

Nei Comuni che hanno già deciso, la prima rata dell’imposta sulla casa si paga a giugno

Corriere della Sera
20 May 2014
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Un rinvio ma non per tutti. Alla fine il governo decide di far slittare la scadenza per il pagamento della prima rata della Tasi, la nuova tassa sulla casa. Dal 16 giugno si passa al 16 settembre. Ma solo nelle città che non fisseranno aliquote e detrazioni entro il termine già previsto dalla legge per venerdì prossimo. Al momento sono la stragrande maggioranza, visto che secondo Confedilizia hanno provveduto solo 972 Comuni su 8 mila. Ma qualche amministrazione si potrebbe mettere in regola proprio in questi ultimi giorni, adottando le delibere in zona Cesarini. Almeno così spera il governo, che preme lasciando intendere di non voler anticipare i soldi ai Comuni ritardatari, anche se il presidente dell’Anci afferma che l’anticipo ci sarà. Un dettaglio importante per i cittadini che, giustamente, vogliono solo sapere se devono pagare oppure no. Una questione di sopravvivenza per i sindaci, alle prese con bilanci sempre più difficili da far quadrare.

L’Anci, l’associazione dei Comuni, aveva appoggiato la proroga chiedendo però al governo di anticipare i soldi che, senza i versamenti dei cittadini, verrebbero a mancare nei loro bilanci. Palazzo Chigi aveva risposto chiedendo di concedere il rinvio solo ai 4 mila Comuni dove si vota domenica prossima. In vista delle elezioni i consigli di queste città sono stati sciolti un mese fa e quindi c’è qualche giustificazione in più per non aver deciso in tempo i dettagli della nuova imposta. Forse un alibi più che una giustificazione, perché parlare di tasse non è mai popolare in campagna elettorale e secondo la Uil la Tasi peserà più della vecchia Imu in 12 capoluoghi su 32. In ogni caso la soluzione è stata esclusa dai tecnici del ministero dell’Economia perché un rinvio mirato sui soli Comuni al voto sarebbe stato giuridicamente discutibile. E così si è tornati all’ipotesi del rinvio per i soli ritardatari che, una volta sforata la scadenza di venerdì prossimo, avranno tempo fino al 31 luglio per adottare le relative delibere. Sono state scartate anche le altre due ipotesi sul tavolo fino a ieri mattina: rinviare la prima rata in tutti gli 8 mila Comuni italiani oppure lasciare le cose così come stanno facendo pagare entro giugno dove le delibere sono state adottate e tutte le seconde case con l’aliquota base e rinviare al saldo di dicembre i versamenti per la prima casa nei Comuni ritardatari. Un rebus poco digeribile, specie a pochi giorni dal voto.

Il ministero dell’Economia parla di scelta fatta per «venire incontro alle esigenze determinate dal rinnovo dei consigli comunali e al bisogno di garantire ai contribuenti certezza sugli adempimenti fiscali». Il presidente dell’Anci Piero Fassino la giudica la «soluzione migliore». Per il momento si tratta solo di un annuncio. Per formalizzarlo serve un decreto legge che potrebbe essere approvato al prossimo Consiglio dei ministri, forse proprio venerdì prossimo. Sarà quella la sede per decidere se il governo anticiperà i soldi ai Comuni ritardatari, come sostengono i sindaci, oppure no. Nel governo c’è chi dice di no, perché si premierebbero due volte, rinviando il pagamento e anticipando i soldi, proprio le amministrazioni che non hanno rispettato una scadenza fissata per legge. Ma c’è anche chi si dice convinto del contrario, perché alla fine gli ultimi dettagli sulla Tasi il governo li ha decisi solo il 10 aprile, poco più di un mese fa. Fassino dà per scontato l’aiuto del governo: «Naturalmente – dice il presidente dell’Anci – ci sarà un’anticipazione in ragione tale che non si produca una crisi di liquidità». E il presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, dice che trasferire prima quei soldi comunque dovuti costerebbe solo «qualche milione di euro». Ma l’ultima parola spetta al decreto.

Ieri, con 324 sì e 110 no, è passata la fiducia alla Camera sul decreto legge per l’emergenza abitativa. Oggi il voto finale sul provvedimento che introduce uno sconto fiscale per chi ha un reddito basso e un affitto da pagare e riduce al 10% la cedolare secca, il prelievo fisso per chi dà una casa in affitto a canone concordato. Per protesta i manifestanti del movimento per il diritto all’abitare hanno lanciato uova contro Montecitorio.

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