TARI: determinazione tariffe senza onere motivazionale – differenza tra alberghi e abitazioni

Con la sentenza n. 2910 del 22/3/2023 il Consiglio di Stato ha affermato che la determinazione delle tariffe TARI non necessita di motivazione ed inoltre che sono legittime le tariffe degli alberghi più alte di quelle previste per le abitazioni.

6 April 2023
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Con la sentenza n. 2910 del 22/3/2023 il Consiglio di Stato ha affermato che:

1) la determinazione delle tariffe TARI non necessita di motivazione;

2) sono legittime le tariffe degli alberghi più alte di quelle previste per le abitazioni. Il Cons. Stato ha così respinto l’appello di una società che gestiva un’attività alberghiera in un comune turistico, confermando l’esito del giudizio di primo grado.

Il gestore dell’albergo eccepisce che il Comune ha determinato per il 2016 le tariffe per il calcolo della TARI in modo sproporzionato a danno dei titolari di attività commerciali e, in particolare, alberghiere. Nello specifico il Comune aveva stabilito per gli alberghi con ristorante una tariffa di 10,93 euro, superiore a quella imposta per le utenze domestiche per le quali ha previsto una tariffa che va da un minimo di € 3,78 a un massimo di € 4,00. Il Comune ha peraltro confermato per gli anni 2017, 2018 e 2019 le stesse tariffe TARI del 2016.

In Consiglio di Stato evidenzia preliminarmente che il TAR si è soffermato in un’ampia dissertazione volta ad analizzare l’istituto della TARI, affermando che è legittima per le amministrazioni comunali l’attribuzione di una tariffa più elevata in capo alle utenze non domestiche – con particolare riguardo alle strutture alberghiere – rispetto alle aliquote adottate in capo alle utenze domestiche.

L’appellante afferma di non avere mai avanzato la pretesa di vedere equiparate le aliquote attribuite alle due diverse categorie. L’elemento principale di contestazione risiederebbe, invece, nel difetto di motivazione delle determinazioni adottate da parte del Comune, il quale aveva sicuramente la facoltà di predisporre aliquote diverse per diverse categorie di utenti, essendo però al contempo chiamato a motivare tali decisioni. I provvedimenti di determinazione delle tariffe TARI, pur consistendo in atti di portata generale, richiederebbero, per le loro peculiari caratteristiche e ripercussioni sui cittadini interessati, un onere motivazionale rafforzato. Sarebbe quindi erronea la sentenza nella parte in cui afferma che non sussiste obbligo motivazionale per i Comuni nella determinazione delle tariffe TARI.

Il Consiglio di Stato evidenzia che nel caso in questione siamo di fronte a una mera conferma delle tariffe degli esercizi precedenti e quindi a una conseguente conferma delle poste di bilancio dell’ente locale in entrata e in spesa. La questione non è irrilevante. Un conto è la conferma di tariffe già deliberate per gli esercizi finanziari precedenti che non generano alcun aggravamento del carico tributario, un conto è il primo aumento lineare delle tariffe con conseguente aggravamento dell’imposizione fiscale e rimodulazione delle poste di bilancio in entrata e in spesa.
La mera conferma delle tariffe costituisce, piana attuazione dell’undicesimo principio contabile della continuità e della costanza di cui all’Allegato 1 del d.gs. 23 giugno 2011, n. 118.
Va anche detto che la deliberazione consiliare che differenzia le tariffe degli alberghi rispetto a quella delle famiglie è sempre stata considerata pienamente legittima dalla Corte di Cassazione. In particolare, con la pronuncia n. 16165/2018 la Cassazione ha affermato che in tema di tassa rifiuti non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa di cui all’art. 65 del d.lgs. n. 507/1993, poiché la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile ex post, di destinatari, occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili.
Va anche detto che la TARI è un tributo sostanzialmente analogo alla TARSU quindi le pronunce che si riferiscono alla TARSU riguardano fattispecie perfettamente sovrapponibili.
Inoltre, in relazione al principio del “chi inquina paga” è utile ricordare il principio affermato dalla Corte di Giustizia UE, Sez. III, con sentenza 4 marzo 2015 n. 534, in forza del quale è stata costantemente riconosciuta legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri veniva distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime.

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