La facoltà di impugnare l’atto non notificato diventa più estesa
La facoltà di impugnare la cartella non notificata si allarga ai casi di possibili pregiudizi che derivino al debitore dall’intreccio con gli strumenti del codice della crisi, dai finanziamenti con il ceto creditizio e dalla responsabilità del cessionario d’azienda. La novità, sollecitata dalla Corte costituzionale, è contenuta nel testo del decreto attuativo della riforma della riscossione approvato definitivamente dal Consiglio dei ministri. Al riguardo, si ricorda che la questione nasce dall’introduzione del comma 4- bis all’articolo 12 del Dpr 602/1973, secondo cui è fatto divieto di impugnare la cartella non notificata di cui si è venuti a conoscenza dalla lettura dell’estratto di ruolo, con tre eccezioni tassative. Queste riguardano l’ipotesi in cui il debitore possa dimostrare la sussistenza degli effetti negativi che ne potrebbero derivare, in via alternativa, in punto di: O partecipazione a una procedura di appalto; O pagamento di somme da un ente pubblico, con conseguente rischio del pignoramento presso terzi in esito alle segnalazioni effettuate in base all’articolo 48-bis del Dpr 602/1973; O perdita di un beneficio da parte di una pubblica amministrazione. In proposito, si ricorda che le Sezioni Unite della Cassazione si sono pronunciate per l’efficacia della disposizione in esame a partire già dai procedimenti in corso al 21 dicembre 2021 (Sezioni Unite 26283/2022), nonostante si tratti di vicende sorte quando il divieto di impugnazione non esisteva. La Corte costituzionale, con la sentenza 190/2023, pur rilevando le evidenti criticità della norma, sotto il profilo della compressione del diritto di difesa del contribuente, ha ritenuto che la materia fosse di competenza del legislatore, concludendo con l’invito a provvedere in sede di riforma della riscossione. L’invito è stato dunque raccolto con una modifica che integra i casi di ammissibilità dell’impugnazione diretta della cartella non notificata. Si tratta delle ipotesi in cui il debitore può subire danni per effetto: 1 della disciplina dei contratti pubblici, che in realtà prende il posto del precedente riferimento generico alle sole procedure di appalto; 2 della corretta elaborazione ed esecuzione di una delle procedure di composizione della crisi d’impresa; 3 della riscossione di somme da parte degli enti pubblici, anche a prescindere dalle segnalazioni qualificate in base all’articolo 48-bis del Dpr 602/1973; 4 della concessione di finanziamenti da parte dei soggetti autorizzati; 5 della responsabilità dell’acquirente d’azienda (articolo 14 del Dlgs 472/1997). A quest’ultimo riguardo, il problema può sorgere se il cessionario dell’azienda viene a conoscenza di debiti tributari del cedente che quest’ultimo non ha potuto contestare nei termini, per difetto di notifica, ma in relazione ai quali sorge comunque la coobbligazione del primo. È evidente che la nuova elencazione non esaurisce le ipotesi in cui il contribuente possa avere un interesse qualificato all’impugnazione della cartella conosciuta solo con l’estratto di ruolo. Si pensi alle conseguenze reputazionali che potrebbe avere un pignoramento presso terzi fatto su clienti del debitore. Vi è comunque da ritenere che così come l’introduzione del divieto di impugnazione recato nell’articolo 12 del Dpr 602/1973, è stato ritenuto applicabile già ai giudizi in corso, lo stesso debba valere per la riduzione del divieto stesso, tanto più alla luce del monito della Consulta.
In collaborazione con Mimesi s.r.l. – Articolo integrale pubblicato su Ilsole24ore del 4 luglio 2024
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