Nulla è cambiato, almeno per il 2013, con riferimento alle seconde case, agli immobili dati in locazione e agli immobili diversi dalle abitazioni. Per questi infatti l’Imu resta dovuta con le regole ordinarie. In proposito, si ricorda che l’aliquota ordinaria è pari allo 0,76%, che il comune può variare da un minimo dello 0,46% a un massimo dell’1,06 per cento. Per gli immobili locati, l’articolo 13 del Dl 201/2011 prevede la facoltà dei Comuni di scendere con l’aliquota sino allo 0,4 per cento. Si tratta di una facoltà che il Comune può esercitare in modo differenziato, anche limitatamente a alcune tipologie di locazioni, quali ad esempio quelle a canone concordato. Per il 2013, il fatto che sia stata abrogata la quota d’imposta statale pari alla metà dell’aliquota base dovrebbe in teoria promuovere l’adozione di aliquote agevolate. Sono ugualmente soggetti a imposta gli immobili di categoria C, quali ad esempio i negozi (categoria C/1), i depositi (C/2) e i laboratori (C/3).
Nonostante le richieste degli operatori, nessuna novità si registra neppure con riferimento alle aree edificabili. In questo comparto pesa soprattutto la nozione ampia di area edificabile vigente nell’ordinamento.
È tale infatti qualunque suolo così qualificato dallo strumento urbanistico generale, anche solo adottato dal comune. Ne deriva che non rilevano le effettive possibilità di sfruttamento edificatorio del bene ma la sola teorica facoltà di edificazione. In pratica, questo significa che è considerato suolo fabbricabile anche l’area dove in concreto non è ancora possibile costruire nulla, per mancanza, ad esempio, dello strumento urbanistico attuativo. Le effettive potenzialità edificatorie incidono invece sul valore dell’area, che è rappresentato dal valore di mercato al 1° gennaio di ciascun anno. Va inoltre ricordato che il contribuente ha il diritto di presentare un’istanza al Comune, in base all’articolo 2 del decreto legislativo 504/1992, per chiedere se l’area abbia o meno destinazione edificatoria. A questo riguardo, si ricorda che i comuni hanno la facoltà, ma non l’obbligo, di determinare dei valori di orientamento per i contribuenti. In tale eventualità, il contribuente che si adegua ai suddetti valori è al riparo da successivi accertamenti dell’ufficio tributi. Resta tuttavia inteso che se il soggetto passivo ritiene eccessivi i valori deliberati egli può discostarsene, magari avvalendosi di una perizia di parte. Diverso è il caso dei valori determinati con delibera di Giunta a fini di orientamento dell’attività di controllo degli uffici. In questo caso, i contribuenti non possono riporre un vero e proprio affidamento su tali importi.
Occorre ricordare che, ai fini Imu, si paga come area edificabile anche l’area di sedime di un fabbricato oggetto di lavori di ristrutturazione o di manutenzione straordinaria nonché l’area dove si svolgono in concreto i lavori di costruzione, anche in difformità dagli strumenti urbanistici.
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