La tassa di soggiorno così come concepita è iniqua perché colpisce solo gli albergatori e l’attrattività di una destinazione: a pensarla così è il presidente di Federturismo-Confindustria, Renzo Iorio, membro del consiglio direttivo di Aica, l’Associazione italiana catene alberghiere. “Abbiamo proposto – dice – una sorta di city tax spalmata su tutte le imprese del turismo e abbiamo calcolato che lo stesso gettito si otterrebbe con l’1,1% di aliquota. Oggi, a Roma, la tassa di soggiorno incide sul 6-8% del prezzo di una camera d’albergo”. “Roma – osserva ancora Iorio – è l’unica città che nel 2011 ha segnato una stabilità se non leggero decremento di presenze in alberghi; nelle altre città incrementi ci sono stati, più o meno forti. Dunque la capitale, che ha introdotto la tassa soggiorno dall’1.1.2011, è stata penalizzata. Per Federturismo la tassa di soggiorno “è una tassa iniqua, ribadiamo la nostra contrarietà. Abbiamo chiesto incontro urgente a ministro Gnudi – prosegue Iorio – per affrontare il tema, è importante che tutto il mondo dell’impresa sia cosciente dei rischi e prenda posizione. Se questi soldi servono, bisogna avere il coraggio di dire che devono pagarla tutte le imprese del turismo: dai ristoranti, ai musei, agli ostelli, ai bar; se si vuole lasciare la tassa di soggiorno serve una normativa chiara sul fatto che il gettito vada a salvaguardia territori e non a coprire buchi bilancio”. “Il presidente di Federturismo -Confindustria, Renzo Iorio, vuole pagare più tasse. Infatti, preferisce l’istituzione di una city tax che colpirebbe tutte le attività legate al turismo, quindi anche la ricettività alberghiera, invece di far riscuotere la tassa di soggiorno dei clienti dagli alberghi, e poi girarla al comune, senza spese a carico degli albergatori”, risponde Giampaoli Pioli, presidente delle Città del Vino, l’associazione che riunisce i comuni a più alta vocazione vitivicola. “Il rischio che intorno alla proposta della tassa di soggiorno, inizialmente intesa come facoltativa per i comuni turistici, ora forse destinata ad essere allargata a tutte le municipalità, si faccia confusione e demagogia è assai evidente – aggiunge Pioli – va precisato che nel 2011 non solo Roma, ma anche altre città importanti come Firenze, Venezia, hanno applicato la tassa di soggiorno, e questo non ha comportato alcun calo di presenze, se non a causa di una crisi che colpisce in modo indiscriminato tutta l’area europea”. Gli italiani che viaggiano all’estero, da sempre pagano la tassa di soggiorno, “forse anche senza accorgersene, e non per questo decidono di restare a casa. Se lo fanno i motivi sono altri. La tassa di soggiorno – conclude Pioli – è distribuita in tutte le categorie ricettive, e se bene applicata, costituisce una risorsa importante per la promozione degli asset turistici dei territori”. “Siamo di fronte a un nuovo, macroscopico segnale di disattenzione che il settore del turismo riceve in una fase già pesantemente critica”, afferma invece Confcommercio-Imprese per l’Italia.
L’associazione chiede l’eliminazione della norma sulla tassa di soggiorno e “un pacchetto di interventi immediati e concreti a sostegno del più importante comparto dell’economia nazionale”. “Se davvero si vuole mettere in condizione questo settore di aumentare il suo contributo al Pil e alla creazione di nuovi posti di lavoro, è evidente che questo provvedimento getta le basi per un risultato diametralmente opposto”, si legge in una nota. La Confcommercio contesta, inoltre, l’effetto negativo sul turismo dell’applicazione anche ai turisti stranieri del limite di 1.000 euro per pagamenti in contanti, “decisione che non ha uguali in tutta Europa”, e la soppressione della fonte più importante per il finanziamento del sistema dei buoni vacanza per le famiglie in difficoltà. “Sbalorditi e senza parole”, aggiunge il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca. “Da un lato – osserva – si parla di raddoppiare il Pil del turismo dal 10 al 18%, contestualmente si dà la possibilità a tutti i comuni di applicare la tassa di soggiorno senza un regolamento nazionale che possa vincolare nella quantità e nella finalità del gettito ricavato della tassa e soprattutto dicendo che gli alberghi sono sostituti d’imposta, dunque responsabili nei confronti dell’erario. Non credo che questo sia un gesto propedeutico allo sviluppo del settore e all’ambizione di voler raddoppiare il Pil: certo non lo si raddoppia mettendo ulteriori tasse”. Tutto questo avviene poi a fronte dell’entrata in vigore dell’Imu che per gli alberghi significa un incremento intorno al 50% delle tassazioni sugli immobili alberghieri. “Non è vero, poi, – aggiunge Bocca – che la tassa di soggiorno la paga il turista: un conto è introdurre una tassa da 1 euro, ma poiché i primi esempi di tassa introdotta in alcune città sono di 8 euro, gli alberghi, per non uscire dal mercato, sono costretti a includere la tassa nel prezzo di vendita e quindi ad assumersi questo onere”.
di Fortunato Laurendi
Fonte: La Gazzetta degli Enti locali
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