Imu, cantiere aperto. Mentre da una parte i tecnici del ministero delle finanze sono al lavoro per mettere a punto la circolare esplicativa, dall’altro il parlamento sta apportando modifiche all’art. 13 del dl 201/2011 che ha introdotto la nuova imposta comunale. La circolare dovrebbe comunque riconoscere ai consigli comunali massima libertà d’azione, fatto salvo il rispetto dei limiti minimi e massimi fissati dall’art. 13 del decreto «salva-Italia». Ne consegue che con riferimento all’aliquota di base i comuni potranno spaziare tra il 4,6 per mille e l’1,06 per cento. Limite minimo che può essere derogato, fino al 4 per mille, solo per gli immobili non produttivi di reddito fondiario ai sensi dell’art. 43 del Tuir, per quelli posseduti dai soggetti Ires, per quelli locati per (art. 13, comma 9, dl n. 201/2011) e fino al 3,8 per mille solo per i fabbricati costruiti e destinati alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, e comunque per un periodo non superiore a tre anni (art. 56, c. 1, dl n. 1/2012). Altrettanto dicasi per l’abitazione principale in relazione alla quale i comuni potranno stabilire un’aliquota ricompresa tra il 2 e il 6 per mille senza possibilità di «sforare» in un senso o nell’altro, e per i fabbricati strumentali rurali dove l’asticella dovrà essere posta tra l’1 e il 2 per mille. Quella che dovrebbe essere l’indicazione del Mef pare perfettamente in linea con il dettato di legge. Innanzitutto, sul piano logico, perché non avrebbe avuto senso che la norma avesse previsto dei limiti minimi se poi i comuni fossero stati autorizzati a derogarli in piena libertà. Ma l’elemento dirimente è contenuto nel comma 6 dell’art. 13 del dl 201/2011 ove si precisa che le aliquote Imu devono essere adottate ai sensi dell’art. 52 del dlgs 446/1997.
La circolare riconoscerà ai consigli la massima libertà d’azione
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