IMU: coniugi residenti in comuni diversi – esonero in caso di dimora abituale del nucleo familiare

Con la decisione n. 29488 del 10 ottobre 2022 la Cassazione ha affermato che in caso di coniugi residenti in Comuni diversi non è possibile riconoscere l’agevolazione IMU per l’abitazione principale, in difetto di prova della dimora abituale del nucleo familiare presso l’immobile ove il contribuente aveva fissato la propria residenza.

13 October 2022
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Con la decisione n. 29488 del 10 ottobre 2022 la Cassazione ha affermato che in caso di coniugi residenti in Comuni diversi non è possibile riconoscere l’agevolazione IMU per l’abitazione principale, in difetto di prova della dimora abituale del nucleo familiare presso l’immobile ove il contribuente aveva fissato la propria residenza, posto che il coniuge (non separato di fatto) aveva fissato, a sua volta, la propria residenza presso altro immobile in diverso Comune senza peraltro giustificare tale trasferimento.

La Cassazione è così intervenuta sulla nota questione recentemente posta all’attenzione della Corte Costituzionale e per la quale è imminente la pubblicazione della decisione, essendosi già tenuta il 12 settembre 2022 la camera di consiglio per la relativa discussione.

Si tratta di una questione ormai sotto i riflettori da diversi mesi, che ha fatto registrare una svolta con l’art. 5-decies della legge n. 215/2021, di conversione del decreto-legge n. 146/2021, finalizzata a neutralizzare l’orientamento rigoroso della Cassazione che non consente di applicare l’esonero a nessuna delle due abitazioni, dal momento che la norma impone la convivenza dell’intero “nucleo familiare” (cfr. Cass. n. 4166/2020, n. 4170/2020, n. 10130/2020, n. 2194/2021, ecc.).

Orientamento che dovrebbe valere per le annualità dal 2017 al 2021, ancora oggetto di recupero, fatta salva l’eventuale dichiarazione d’incostituzionalità da parte della Consulta, chiamata a pronunciarsi sulla questione relativa alla legittimità della norma così come interpretata dalla giurisprudenza di Cassazione. Sul punto occorre evidenziare che la Corte Costituzionale, con l’ordinanza di autorimessione n. 94/2022, si è posta ulteriori dubbi ritenuti pregiudiziali andando più alla radice del problema, riguardante la parte della disposizione che fa riferimento al “nucleo familiare”. Ebbene, nel caso di eliminazione di questo inciso, non avrebbe più senso il limite al numero di abitazioni principali sia dentro che fuori dal territorio comunale, con riflessi anche sulla nuova disposizione del decreto-legge n. 146/2021, intervento che si rivelerebbe inutile perché la questione verrebbe risolta a monte.

La Corte Costituzionale potrebbe quindi modificare completamente lo scenario, sganciando la nozione di abitazione principale dal nucleo familiare, con effetti anche sugli accertamenti emessi e non divenuti definitivi o sui quali è in corso un contenzioso.

Va detto però che la Cassazione ha iniziato a offrire una interpretazione costituzionalmente orientata, affermando che almeno una delle due abitazioni può usufruire dell’esonero: deve quindi essere individuata l’abitazione della famiglia nella quale un coniuge è residente anagraficamente e che dimori tutto il nucleo. In tal senso si vedano le recenti n. 893 del 13/1/22 e n. 1199 del 17/1/2022, che parlano di frattura dei principi costituzionali, sotto il profilo dell’uguaglianza e della capacità contributiva, se si segue un’impostazione eccessivamente rigoristica (nessuno dei due).

La decisione in commento sembra collocarsi sulla stessa lunghezza d’onda di questo orientamento “intermedio”, evidenziando preliminarmente che il tenore letterale della norma in esame (art. 13 d.l. n. 201/2011) è chiaro e comporta la necessità che in riferimento alla stessa unità immobiliare tanto il possessore quanto il suo nucleo familiare non solo vi dimorino stabilmente, ma vi risiedano anche anagraficamente. Ciò d’altronde è conforme all’orientamento costante di legittimità in ordine alla natura di stretta interpretazione delle norme agevolative. In definitiva, l’abitazione principale è solo quella ove il proprietario e la sua famiglia abbiano fissato: 1) la residenza (accertabile tramite i registri dell’anagrafe); 2) la dimora abituale (ossia il luogo dove la famiglia abita la maggior parte dell’anno).

La Cassazione ha quindi accolto il ricorso del Comune negando l’agevolazione IMU in questione, non ritenendo peraltro di sospendere il giudizio in attesa della decisione della Corte Costituzionale (diversamente da altre pronunce interlocutorie, tra cui Cass. n. 24879 del 18/8/2022).

Restiamo in attesa dell’imminente responso della Corte Costituzionale, sia per chiudere il 2022 in sede di saldo Imu di dicembre e sia per capire se l’attività di accertamento delle annualità 2017-2021 potrà proseguire o se dovrà invece bloccarsi.

 

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