Imu: bocciata dal rapporto Ue “tassa da migliorare”.

10 January 2013
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L’Unione Europea, nel cui nome si sono compiute le dolorose scelte fiscali dell’ultima legislatura, si è pronunciata negativamente sull’Imu, così dopo le critiche frutto della campagna elettorale, arriva un colpo ben più pesante vista la natura del mittente alla tassa sugli immobili.

«L’Imu deve essere modificata per renderla più equa e per conferirle un effetto redistributivo», si legge nel Rapporto Ue 2012 su Occupazione e sviluppi sociali. La nascita dell’Imu, spiega il rapporto, è stata la conseguenza« di raccomandazioni sulla riduzione di un trattamento fiscale favorevole per le abitazioni», anche in ragione del fatto che le tasse sulla proprietà mostrano «un effetto distorsivo relativamente basso e un basso tasso di evasione».

Il Rapporto parla apertamente di «possibili miglioramenti» dell’imposta, a dimostrazione del fatto che i suggerimenti sono stati travisati da chi li doveva recepire. Il nodo è quello di rendere l’imposizione progressiva e legata al reale valore dell’immobile, ed è chiaro allo stesso Governo che infatti aveva rivolto alla riforma del Catasto uno dei capitoli principali della delega fiscale decaduta in un Parlamento a causa delle pressioni elettorali. La moltiplicazione lineare dei vecchi valori catastali, con i nuovi moltiplicatori che hanno aumentato del 60% la base imponibile rispetto all’ Ici, la tassa precedente, hanno infatti concluso con l’aumentare le distorsioni derivate dal fatto che i numeri del Fisco hanno ignorato l’evoluzione del mercato nei decenni.

L’esito finale cambia di conseguenza da città a città, e da quartiere a quartiere, in base alla casualità dell’intreccio fra prezzi di mercato e valori catastali. Un’analisi sulla stessa tipologia di immobile in zone equivalenti di città differenti arriva a svelare paradossi clamorosi, come l’esempio di un negozio a Latina che può arrivare ad avere una base imponibile tripla rispetto allo stesso negozio a Venezia, città che invece primeggia a livello nazionale per i valori fiscali delle abitazioni.

Un trilocale in semicentro a Savona, per il Catasto, può valere il doppio dello stesso immobile a Milano, mentre un appartamento a Verona rivela una base imponibile più che doppia rispetto a Reggio Emilia, mentre i due mercati sono sostanzialmente analoghi. Differenze eclatanti, tuttavia, possono convivere nella medesima città, perché una casa nuova in periferia, che naturalmente ha una rendita aggiornata in quanto attribuita al momento della costruzione, secondo il Fisco può valere molto di più di un immobile di lusso in centro, i cui parametri catastali risalgono a decenni fa.

Tutte queste deformazioni ricadono direttamente sul mercato degli affitti, visto che nelle città in cui il mercato è in ribasso ma i valori catastali sono alti le imposte possono assorbire fino al 70-80% dell’entrata, mentre in altri centri i bilanci pubblici “si accontentano” di chiedere il 50 per cento, senza che queste differenze abbiano nessun riscontro sulla reale situazione patrimoniale e reddituale del contribuente.

In questa maniera, si minano anche gli effetti positivi del meccanismo disegnato nel dicembre 2011, che tra l’altro divide significativamente il carico tra abitazione principale e altri immobili, e c’è il pericolo che il suo impatto giunga «ad aumentare leggermente la povertà in Italia». I valutatori di Bruxelles rilevano comunque qualche altro meccanismo da rivedere: il suggerimento è quello di inserire deduzioni non fondate sul reddito ma sul valore, quindi più in linea con l’impostazione di una tassa sulla proprietà, e di migliorare la definizione di abitazione principale.

Fonte: Leggioggi.it

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