Tempi duri per i contribuenti che a causa del Dl 35/2013, il blocca – Imu, sono andati letteralmente nel pallone e rischiano di incappare in una serie di errori quando sarà il 17 giugno, data in cui versare l’acconto Imu. In ragione di questo, giustamente, la circolare 2 del 2013 del Dipartimento delle politiche fiscali consiglia ai comuni di non applicare sanzioni, in virtù dei principi dello Statuto dei diritti dei contribuenti.
L’articolo 10, Dl 35/2013 è il vaso di Pandora aperto che ha generato il caos burocratico, inoltre ci sono messe pure le modifiche in corso di approvazione apportare dalla legge di conversione del decreto stesso. Per calcolare l’acconto, seguendo le disposizioni originarie, è necessario consultare le delibere comunali pubblicate sul sito delle Finanze alla data del 16 maggio scorso. Se la delibera Imu è stata pubblicata, bisogna applicare immediatamente le aliquote fissate su scala locale. In assenza di pubblicazione, è previsto che si faccia riferimento alle aliquote deliberate per il 2012.
I cambiamenti fatti alla legge di conversione, ma non ancora attivi, stabiliscono invece che l’acconto debba essere stimato attraverso le aliquote dell’anno scorso. Si tratta di una palese misura di semplificazione, che scongiura ai contribuenti il doversi districare tra le delibere comunali a pochi giorni dalla scadenza del versamento. La problematica sorge dal fatto che le due versioni di legge si intrecciano, dal momento che la modifica della legge di conversione sarà ufficiale solo a ridosso del 17 giugno, termine per presentare l’acconto.
La posizione resa nota dalle Finanze è all’insegna dell’equità; visto che la nuova disposizione sarà in vigore in ogni caso prima del 17 giugno, i contribuenti vi si possono adeguare da subito. Rimane valida la possibilità di recepire le delibere pubblicate per il 2013 entro il 16 maggio scorso, quantomeno sino alla pubblicazione della predetta legge di conversione.
In pratica, sono corrette sia le aliquote dell’anno in corso sia quelle del 2012. La decisione finale tocca naturalmente ai comuni, dal momento che sono titolari della potestà impositiva. Le Finanze, ad ogni modo, invitano a non penalizzare i comportamenti dei contribuenti in buona fede, in virtù dell’articolo 10, legge n.212/2000, che fa salvi gli errori dipendenti da oggettive incertezze sull’applicazione delle norme.
A complicare l’acconto si somma la sospensione del pagamento per la prima casa, non è chiaro, infatti, come agire quando l’abitazione principale è diventata seconda casa nel corso del primo semestre 2013. Sembrerebbe che non si abbia diritto alla sospensione neppure per il periodo in cui l’immobile è stato adibito ad abitazione del contribuente. Tanto, in ragione della perentorietà della previsione legislativa che impone sempre il pagamento di un importo commisurato ai 12 mesi.
Un altro versante è quello delle assimilazioni all’abitazione principale. Si tratta delle unità non locate, possedute da cittadini residenti all’estero ossia da anziani o disabili residenti in istituti di ricovero. I comuni hanno la facoltà di equipararle, mediante delibera consiliare, all’abitazione principale. La citata circolare 2 afferma, correttamente, che l’assimilazione è valida sia che essa sia stata deliberata nel 2012 sia che lo sia stata nel 2013, purché in tempo per l’acconto. Potrebbe, tuttavia, anche essere successo che il comune abbia deliberato l’assimilazione nel 2012 circoscrivendone espressamente l’efficacia temporale al solo anno di adozione della delibera. In tale eventualità, l’acconto è dovuto.
Il documento di prassi ricorda, infine, che gode della sospensione anche l’ex dimora coniugale assegnata ad uno dei coniugi in sede di separazione o divorzio. Tanto, a condizione che il coniuge assegnatario risieda e dimori nell’abitazione. Il beneficio fruito dall’assegnatario inoltre non impedisce l’applicazione della sospensione con riferimento all’abitazione principale posseduta dal coniuge non assegnatario.
Dal punto di vista sanzionatorio, bisogna ricordare che anche per l’Imu è prevista la sanzione del 30% dell’imposta non versata. Tale sanzione è ridotta al 2% per ogni giorno di ritardo, se il versamento è effettuato con un ritardo non superiore a 15 giorni. Resta altresì possibile regolarizzare il ritardo con l’ordinaria procedura del ravvedimento. In questo caso, il termine finale è, a legislazione vigente, il 30 giugno 2014, con applicazione della sanzione ridotta del 3,75% e degli interessi legali.
Fonte: Leggioggi.it
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