di S. Zammarchi (ufficiotributi.go-vip.net 7/3/2016)
La determinazione delle tariffe del prelievo sui rifiuti non ha fatto emergere particolari problematiche fino a quando i Comuni applicavano la T.A.R.S.U, disciplinata dal d.lgs. n. 507/1993., considerato che le tariffe erano calcolate in rapporto a criteri reddituali, piuttosto che in riferimento a criteri in grado di collegare la misura della tariffa al reale conferimento del rifiuto e non esistevano stringenti vincoli di copertura dei costi.
Ciò anche se già in T.A.R.S.U. l’articolo 65, recante “commisurazione e tariffe”, forniva la possibilità di commisurare la tassa “o in base alla quantità e qualità medie ordinarie per unità di superficie imponibile dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati producibili nei locali ed aree per il tipo di uso, cui i medesimi sono destinati, e al costo dello smaltimento oppure, per i comuni aventi popolazione inferiore a 35.000 abitanti, in base alla qualità, alla quantità effettivamente prodotta, dei rifiuti solidi urbani e al costo dello smaltimento”. Tant’è che il successivo comma, dello stesso articolo 65 disponeva: “Le tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea sono determinate dal comune, secondo il rapporto di copertura del costo prescelto entro i limiti di legge, moltiplicando il costo di smaltimento per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l’anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti”.
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