<p><strong>I controlli</strong><br />Innanzitutto i Comuni possono invitare i contribuenti – indicandone il motivo – ad esibire o trasmettere atti e documenti, inviare questionari per il reperimento di dati e notizie di carattere specifico oppure richiedere ogni elemento ritenuto rilevante. Qualora poi da tali riscontri emergano delle irregolarità, gli enti locali devono emettere apposito atto motivato. Se il Comune ha introdotto un apposito regolamento per l’applicazione dell’accertamento con adesione, prima di emettere la pretesa vera e propria, può invitare il contribuente all’adesione.</p>
<p><strong>L’adesione</strong><br />Vale a dire che, al pari di come avviene con l’agenzia delle Entrate, l’ente locale può inviare al contribuente un invito nel quale motiva e quantifica la pretesa. Questo atto consente al contribuente di:</p>
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<li>pagare entro i 15 giorni prima della data indicata le somme pretese – ove ritenute corrette – beneficiando della riduzione a un sesto delle sanzioni;</li>
<li>presentarsi – in caso di anomalie – nella data indicata e fornire le opportune difese al fine di riquantificare la pretesa.</li>
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<p>Inoltre l’accertamento con adesione, previsto dal Dlgs 218/97, non è obbligatoriamente efficace per ogni ente locale, ma deve essere adottato con apposita delibera e regolamento. Di conseguenza anche la sua applicazione non è ovunque necessariamente identica a quella prevista dalla norma nazionale: è quindi opportuno verificare fin da subito l’adozione dell’istituto da parte dell’ente locale. Durante questa fase (attivata prima dell’emissione dell’atto di accertamento oppure successivamente) è possibile tentare il raggiungimento di un accordo sulla quantificazione della base imponibile, a condizione che il contribuente dimostri le proprie ragioni.</p>
<p><strong>L’avviso<br /></strong>In assenza di un accordo “bonario”, il Comune può emettere l’avviso di accertamento da notificare, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati – o avrebbero dovuto essere – effettuati. Entro gli stessi termini devono essere contestate o irrogate le relative sanzioni. I provvedimenti devono essere motivati sui presupposti di fatto e sulle ragioni giuridiche che li hanno determinati. Nel caso dell’Imu o dell’Ici deve, quindi, evincersi: l’immobile al quale l’avviso è riferito; l’eventuale diversa base imponibile ritenuta corretta dal Comune rispetto a quanto dichiarato dal contribuente; l’aliquota; gli interessi calcolati e le sanzioni applicate, con l’indicazione dei riferimenti normativi.<br />Se il provvedimento fa riferimento ad un altro atto non conosciuto o ricevuto dal contribuente, quest’ultimo deve essere allegato oppure riportato nel suo contenuto essenziale.</p>
<p><strong>La delibera<br /></strong>È frequente, in proposito, il riferimento o il rinvio alla delibera comunale relativa all’anno di imposta oggetto di contestazione (dalla quale è possibile riscontrare l’aliquota applicabile, l’eventuale casistica per l’esenzione, ecc.), senza però che venga allegata. In altri casi l’avviso può rinviare anche ad un regolamento, dal quale sono riscontrabili – in linea di massima – gli aspetti più tecnici stabiliti dal Comune per la determinazione e l’accertamento dell’imposta.</p>
<p>A questo proposito, vale la pena di tener presente, sebbene non si tratti di un orientamento consolidato, che secondo la Corte di Cassazione (sentenza 20535/2010) l’amministrazione pubblica non è sollevata dall’onere di allegazione o riproduzione del contenuto essenziale dell’atto a cui si fa espresso riferimento, anche quando si tratta della delibera comunale.</p>
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