La categoria catastale denunciata con il DOCFA non può essere modificata in giudizio

La  Cassazione, con l’ordinanza n.5449/2025, pubb.ta il 01.03.2025, ha stabilito che il giudice tributario non può modificare la categoria catastale richiesta dallo stesso contribuente con procedura DOCFA

Antonio Chiarello 7 March 2025
Modifica zoom
100%

Indice

La Sezione Tributaria della Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 5449/2025, pubblicata il 01.03.2025, ha stabilito che il giudice tributario non può modificare la categoria catastale richiesta dallo stesso contribuente con procedura DOCFA, essendo irrilevante che il classamento sia stato modificato su espressa sollecitazione del Comune ex art.1, co.336 della L. n.311/2004.

La decisione, pur vertendo su una controversia catastale, è di utilità anche per i Comuni, visto che accade con frequenza che con l’impugnazione dell’avviso di accertamento IMU, il contribuente invochi e chieda la correzione della categoria catastale e/o della rendita da esso stesso dichiarata con la procedura DOCFA.


La vicenda processuale

A seguito di richiesta di un Comune di aggiornamento catastale ai sensi del co.336, dell’art.1, L. n. 311/2004, con riferimento ad un fabbricato censito in C/6 ma adibito a parcheggio a pagamento, il contribuente produceva la dichiarazione DOCFA, dichiarando la rendita presunta e la categoria catastale D/8. L’Agenzia della Entrate emetteva, successivamente, l’apposito accertamento catastale in rettifica, attribuendo una rendita notevolmente superiore a quella proposta. Il contribuente proponeva ricorso innanzi al giudice tributario di primo grado, chiedendo il ripristino della originaria categoria C/6 e la riduzione della rendita, tenuto conto che la categoria D/8 era stata proposta dal contribuente solo perché sollecitata dal Comune attraverso la procedura di cui al co.336, ma non corrispondeva a quella effettiva.

Il Giudice d’appello, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva le richieste del contribuente, disponendo la modifica della categoria catastale da D/8 a C/6.
L’Agenzia delle Entrate proponeva, quindi, ricorso in Cassazione, evidenziando che, a seguito di una denuncia DOCFA presentata dallo contribuente, la eventuale richiesta di modifica non può essere avanzata dal contribuente in contenzioso, ma deve essere oggetto di una successiva dichiarazione DOCFA di variazione da presentare all’A.E.

La decisione

Il Giudice di legittimità ha confermato la tesi dell’Amministrazione finanziaria, esprimendosi anche sulla condotta e sulle tutele del contribuente oggetto di una richiesta ex art.1 co.3 36 della L. n.311/2004.
Come è noto, la disposizione normativa richiamata, stabilisce che se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta del Comune entro 90 giorni dalla sua notificazione, l’Agenzia delle Entrate provvede d’ufficio, notificando al contribuente le risultanze del classamento e della relativa rendita.

Orbene, la Cassazione chiarisce, al riguardo, che « … il contribuente, che non voglia ottemperare alla sollecitazione comunale di aggiornamento catastale, potrà, dopo la conclusione del procedimento d’ufficio, presentare una dichiarazione DOCFA difforme ed impugnare il conseguente avviso di accertamento catastale dell’amministrazione finanziaria (in tal senso, vedasi la circolare emanata dall’Agenzia del Territorio il 4 agosto 2005, n. 10, par. 8, secondo cui: «Nel caso che ad accertamento d’ufficio concluso, la parte, attraverso il proprio tecnico, produca un documento di aggiornamento perfettamente conforme allo stato di fatto rilevato dall’Ufficio, la pratica DOCFA sarà respinta all’atto della presentazione. Qualora lo stato dichiarato dalla parte differisca dallo stato accertato dall’Ufficio, la pratica DOCFA dovrà essere accettata, ma la stessa sarà oggetto di verifica sopralluogo e di controllo della rendita proposta […]»).

Il principio di diritto

Per la Corte, quindi, «… in caso di spontanea ottemperanza all’aggiornamento sollecitato dal Comune, il contribuente non può impugnare il conseguente avviso di accertamento catastale – che abbia parzialmente rettificato il classamento aggiornato – per ottenere il ripristino di dati variati in conformità alla dichiarazione DOCFA ed accettati dall’Agenzia delle Entrate».

Conclusioni


L’ordinanza della Cassazione in commento è di utilità anche per i contenziosi sui tributi locali, in tutti i casi in cui il contribuente, con l’impugnazione dell’avviso di accertamento, contesti anche il dato fiscale della rendita catastale e/o della categoria catastale, eccependo presunti errori nella procedura di accatastamento.
A ben vedere, l’atto impositivo comunale basato sulle risultanze catastali in atti non costituisce anche accertamento catastale, in quanto la rendita e la categoria catastale non derivano dalle norme di imposta IMU (o ICI o TASI), trattandosi di “dati fiscali” utilizzati per la determinazione della base imponibile e come tali vincolanti, non solo per i soggetti del rapporto di imposta, ma anche per il giudice tributario chiamato alla risoluzione della controversia sul tributo comunale, che non può, quindi, modificarli.

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento