Con la sentenza n. 22591 del 9/8/2024 la Cassazione ha affermato che la presenza di vincoli paesaggistici su un’area edificabile non incide sulla natura stessa dell’area, che resta edificabile, ma solo sul valore dell’area medesima.
Nel caso in esame il Comune propone ricorso in Cassazione avverso la sentenza della CTR che, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per infedele dichiarazione ed omesso parziale versamento dell’ICI relativa all’anno 2010 con riguardo ad aree ubicate nel medesimo Comune e destinate (secondo le prescrizioni del piano regolatore generale) in parte a verde privato, in parte a viabilità ed in parte ad “AP Standard”, ha accolto l’appello di una società sul presupposto che le aree in questione fossero equiparabili ad aree agricole per la determinazione del valore venale ai fini dell’ICI.
La Cassazione accoglie il ricorso del Comune evidenziando preliminarmente che l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi.
Ebbene, secondo l’indirizzo consolidato di legittimità, ai fini della determinazione del valore imponibile per l’applicazione dell’imposta comunale, è indispensabile che la misura del valore venale in comune commercio sia ricavata in base ai parametri vincolanti previsti dall’art. 5, comma 5, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, che, per le aree fabbricabili, devono avere riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per gli eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato della vendita di aree aventi analoghe caratteristiche; tali criteri, normativamente determinati, debbono considerarsi tassativi e non possono essere surrogati da valutazioni effettuate sulla base di un’aprioristica e del tutto indimostrata valutazione basata su altri argomenti.
La Cassazione ricorda che, in ogni caso, l’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico incide senz’altro nella determinazione del valore venale dell’immobile, da valutare in base alla maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, ma non ne esclude l’oggettivo carattere edificabile ex art. 2 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, atteso che i vincoli d’inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione che non fanno venire meno l’originaria natura edificabile.
Inoltre, la presenza sull’area di vincoli di destinazione influisce unicamente sulla maggiore o minore potenzialità edificatoria, ma non sulla natura edificabile dell’area ai fini tributari e non concerne la diversa ipotesi in cui l’area, ancorché edificabile secondo il piano regolatore generale, tale non sia all’esito della valutazione complessiva ed integrata di quest’ultimo con lo strumento di pianificazione paesaggistica ed ambientale regionale.
Ne discende che occorre verificare, alla stregua delle disposizioni del piano regolatore generale, come modificate ed integrate da quelle del piano territoriale di coordinamento, se le aree oggetto di accertamento avessero mantenuto o meno una sia pur limitata (“vincolata”) potenzialità edificatoria, oppure non potessero ritenersi in nessun modo, nemmeno parzialmente o potenzialmente, edificabili.
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