Autotutela tributaria su avviso accertamento ICI

Il Servizio Affari Istituzionali e Locali risponde al quesito posto da un Comune, che riferisce di aver notificato un avviso di accertamento per omesso versamento ICI 2011, fondato sul processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, verbale sottoposto a giudizio penale, allo stato in grado di appello.

7 November 2016
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Il Servizio Affari Istituzionali e Locali, Polizia Locale e Sicurezza del Sistema delle Autonomie Locali della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, risponde al seguente quesito posto da un Comune.

Il Comune riferisce di aver notificato (in data 8 agosto 2016) un avviso di accertamento per omesso versamento ICI 2011, fondato sul processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, verbale sottoposto a giudizio penale, allo stato in grado di appello.

Il legale del contribuente chiede al Comune di sospendere l’avviso di accertamento in autotutela ‘ai soli fini della sua sospensione esecutiva’, in attesa che sul processo verbale di constatazione si formi il giudicato, necessario, a suo dire, per aversi valido presupposto dell’avviso di accertamento, e al fine di evitare, nel frattempo, ulteriori attività giurisdizionali in sede tributaria. Il Comune chiede, dunque, se la sospensione dell’avviso di accertamento possa rientrare nell’istituto dell’autotutela e se, concedendola, possa incorrere nella decadenza della fase accertativa[1] (al 31 dicembre 2016, a fronte della probabile udienza penale nel 2017).

Il Comune chiede inoltre se il contribuente non debba comunque proporre ricorso contro l’avviso di accertamento notificato, stante la perentorietà dei termini al riguardo.

In via preliminare, si precisa che l’attività di consulenza giuridico-amministrativa svolta da questo Servizio a favore degli enti locali è finalizzata a fornire un’illustrazione degli istituti giuridici nell’ambito dei quali sono riconducibili le specifiche fattispecie prospettate, fermo restando che compete all’amministrazione procedente determinarsi in ordine alle scelte concrete da adottare caso per caso.

In via meramente collaborativa, si esprimono pertanto alcune considerazioni di carattere generale.

In materia tributaria, il potere dell’amministrazione di provvedere in via di autotutela all’annullamento d’ufficio o alla revoca, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità[2], degli atti illegittimi o infondati, è espressamente riconosciuto dall’art. 2 quater, D.L. n. 564/1994 (comma 1).

Specificamente, la sospensione in autotutela degli effetti dell’atto è normata dalle previsioni aggiunte all’art. 2 quater dall’art. 27, c. 1, L. 18 febbraio 1999, n. 28, che è utile riportare:

– comma 1-bis: nel potere di annullamento o di revoca di cui al comma 1 deve intendersi compreso anche il potere di disporre la sospensione degli effetti dell’atto che appaia illegittimo o infondato;

– comma 1-ter: le regioni, le province e i comuni indicano, secondo i rispettivi ordinamenti, gli organi competenti per l’esercizio dei poteri indicati dai commi 1 e 1-bis relativamente agli atti concernenti i tributi di loro competenza;

– comma 1-quater: in caso di pendenza del giudizio, la sospensione degli effetti cessa con la pubblicazione della sentenza;

– comma 1-quinquies: la sospensione degli effetti dell’atto disposta anteriormente alla proposizione del ricorso giurisdizionale cessa con la notificazione, da parte dello stesso organo, di un nuovo atto, modificativo o confermativo di quello sospeso; il contribuente può impugnare, insieme a quest’ultimo, anche l’atto modificato o confermato.

Ciò premesso, si osserva che l’esercizio dell’autotutela sospensiva ha lo scopo di impedire che l’atto, per il quale esiste il sospetto di illegittimità o di infondatezza, possa produrre i suoi effetti durante il procedimento di riesame, in modo da evitare, da un lato, che si produca un danno presumibilmente ingiusto al contribuente e, dall’altro, che l’atto sia annullato prima del completamento di tutte le necessarie indagini [3].

Come rilevato dall’Agenzia delle entrate[4], il potere di sospendere l’efficacia dell’atto è infatti strumentale a quello di annullamento: gli uffici devono pertanto valutare le concrete possibilità che l’atto sia revocato o annullato in via amministrativa o contenziosa ed il pericolo per il contribuente di subire un danno grave ed irreparabile a seguito dell’esecuzione dello stesso.

L’accertamento della sussistenza dei presupposti dell’autotutela tributaria, in cui è compresa quella sospensiva, espressamente prevista qualora l’atto ‘appaia illegittimo o infondato’ [5] (comma 1 bis), è rimesso alla valutazione discrezionale dell’Ente[6].

La sospensione dell’efficacia esecutiva dell’atto che appaia illegittimo o infondato incide solo provvisoriamente sugli effetti dell’atto impositivo. Ai sensi del comma 1-quinquies dell’art. 2-quater, la sospensione degli effetti dell’atto disposta anteriormente alla proposizione del ricorso giurisdizionale cessa con la notificazione di un nuovo atto, modificativo o confermativo di quello sospeso. Tale cessazione si produce anche quando intervenga un atto consistente nella mera eliminazione dell’atto illegittimo o infondato senza l’emissione di un nuovo atto impositivo.

Come affermato dalla giurisprudenza, nell’ambito del diritto tributario l’esercizio del potere di autotutela incontra un limite – oltre che nell’avvenuta formazione del giudicato sull’atto viziato – nel decorso del termine decadenziale fissato per l’accertamento[7].

In particolare, l’esercizio del potere di autotutela non implica consumazione del potere impositivo, sicché rimosso con effetto ‘ex tunc’ l’atto di accertamento illegittimo od infondato, l’Amministrazione finanziaria conserva ed anzi è tenuta ad esercitare la potestà impositiva, rispetto alla quale incontra i limiti del termine decadenziale previsto per la notifica degli avvisi di accertamento[8].

Per quanto riguarda la diversa questione del rapporto tra procedimento amministrativo di accertamento tributario e processo penale[9], si osserva, in via generale, quanto segue.

La Corte di Cassazione[10] ha affermato l’utilizzabilità in sede tributaria degli elementi raccolti dalla Guardia di Finanza a carico del contribuente, nell’ambito di indagini penali. In particolare, il processo verbale di constatazione ha valore probatorio, in sede tributaria, ai sensi dell’art. 2700 c.c. [11], quanto ai fatti in esso descritti.

E di interesse si rivela il percorso argomentativo della Suprema Corte. Ed invero, in quella sede, ove il punto controverso era il fatto che i militari avessero acquisito gli elementi rilevanti ai fini fiscali senza il necessario rispetto delle garanzie difensive prescritte per il procedimento penale, la Corte di Cassazione ha affermato che l’emersione di indizi di reato, e dunque la rilevanza penale degli accertamenti tributari, non vanifica il valore probatorio del processo verbale di constatazione in sede tributaria, in ragione del principio dell’autonomia del procedimento penale rispetto alle procedure dell’accertamento tributario, già sancito, in linea di principio, nel D.L. n. 429 del 1982, art. 12, e confermato dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 20[12], in armonia con le disposizioni generali dettate dagli artt. 2 e 654 c.p.p. e 220 disp. att. c.p.p.[13].

Inoltre, muovendo dal principio dell’autonomia normato dall’art. 20, D.Lgs. n. 74/2000, la Corte di Cassazione ha altresì escluso l’automatica rilevanza del giudicato penale nel giudizio tributario. Il Giudice tributario non può estendere automaticamente gli effetti di una sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, con riguardo all’azione accertatrice del singolo ufficio tributario, ancorché i fatti esaminati in sede penale siano quelli stessi che fondano l’accertamento, ma deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui esso è destinato ad operare[14].

La pronuncia, seppur riferita al rapporto tra giudicato penale e giudizio tributario, sembrerebbe suscettiva di estendersi, in virtù del richiamo dell’art. 20, D.Lgs. n. 74/2000, anche al rapporto tra procedimento amministrativo tributario e giudicato penale.

Va, altresì, precisato che il D.Lgs. n. 74/2000 reca la ‘Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205’. Peraltro, l’apprezzamento dei Giudici di legittimità del principio dell’autonomia ivi previsto (art. 20) in termini di continuità rispetto a quanto già sancito in linea di principio dal D.L. n. 429/1982[15], e di coerenza con le disposizioni generali codicistiche[16], sembrerebbe poter far propendere, in un’ottica di interpretazione sistematica, per la sua estensione generale nel contesto dei procedimenti amministrativi di accertamento tributario.

Per quanto concerne, infine, la necessità del rispetto da parte del contribuente dei termini previsti per l’impugnazione dell’avviso di accertamento, si rileva che la presentazione dell’istanza di sospensione in autotutela non sospende i termini per proporre ricorso al Giudice[17]. Parimenti, si ritiene che l’esercizio dell’autotutela sospensiva, ex art. 2 quater, comma 1 quinquies, D.L. n. 564/1994, non possa sospendere i termini per impugnare, attesa l’indisponibilità di detti termini perentori[18].

La Suprema Corte – se pur in un caso di silenzio opposto dall’amministrazione sull’istanza di autotutela, e quindi di mancato esercizio dell’autotutela – ha affermato che l’efficacia ed esecutività del provvedimento impositivo è condizionata soltanto al decorso del termine previsto dalla legge per l’impugnazione che, in quanto termine di decadenza, può essere validamente interrotto esclusivamente con il compimento dell’atto (proposizione del ricorso) previsto espressamente dalla legge (art. 2964 c.c.)[19].

 

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[1] Ai sensi dell’art. 1, comma 161, L. n. 296/2006, gli enti locali notificano gli avvisi di accertamento, in rettifica e d’ufficio, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati.

[2] L’autotutela tributaria è possibile anche se l’atto è divenuto ormai definitivo per avvenuto decorso dei termini per impugnare (Cfr. Stefano Compagno, I limiti all’autotutela tributaria su atti non impugnabili, in Diritto&Diritti, settembre 2002).

[3] Cfr. Agenzia delle entrate, Direzione Regionale della Calabria, Catanzaro 29 dicembre 2010, n. 24477.

[4] Si veda Agenzia delle entrate, Direzione centrale Normativa e Contenzioso, risoluzione 7 febbraio 2007, n. 21, sia pure con specifico riferimento alla sospensione della riscossione, ai sensi dell’art. 39 DPR 602/1973, in cui si precisa che ‘ancor prima di accordare la sospensione della riscossione, che deve essere richiesta nell’ambito della procedura di autotutela, gli Uffici sono tenuti a valutare le concrete possibilità che l’atto che ha dato origine all’iscrizione al ruolo sia revocato o annullato in via amministrativa o contenziosa (valutazione del c.d. fumus boni juris). Inoltre occorre valutare il pericolo per il contribuente di subire un danno grave ed irreparabile a seguito della riscossione coattiva (c.d. periculum in mora).’.

[5] L’illegittimità riguarda gli errori che attengono agli aspetti procedimentali dell’attività istruttoria o alla formale redazione dell’atto, nonché gli errori di diritto (c.d. vizi dell’atto). L’infondatezza, invece, attiene agli errori sui fatti oggetto d’imposizione ed alle questioni estimative inerenti alla qualificazione e/o quantificazione della materia imponibile (c.d. vizi della pretesa). Cfr. Agenzia delle entrate, Direzione Regionale della Calabria, n. 24477/2010, cit..

[6] La natura eminentemente discrezionale dell’autotutela tributaria è rimarcata dalla Corte di cassazione, che precisa che la posizione del contribuente in ordine ad un atto di autotutela non costituisce diritto soggettivo ma interesse legittimo, e può trovare tutela nell’ambito della giurisdizione tributaria, ove il sindacato del giudice dovrà limitarsi alla legittimità dell’operato dell’amministrazione (anche in caso di inerzia) e non al merito, non essendo possibile la sostituzione del Giudice tributario all’Amministrazione nell’adozione di un atto di autotutela. (Cass. civ, sez. trib., 29 dicembre 2010, n. 26313. Conformi: Cass. civ, sez. un., 27 marzo 2007, n. 7388).
Inoltre – afferma Cass. civ. n. 26814/2014, cit. – tanto l’istanza di autotutela, quanto il silenzio opposto dall’Amministrazione finanziaria, così come la sua impugnazione (ove si voglia propendere per la sua impugnabilità, secondo i ragionamenti giurisprudenziali nella sentenza riassunti) non possono in alcun modo spiegare effetti sul rapporto tributario fondato sull’avviso di accertamento, destinato a divenire definitivo ed incontestabile in difetto della tempestiva impugnazione, nel termine di decadenza previsto dall’art. 21, c. 1, D.Lgs. n. 546/1992 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413). L’efficacia ed esecutività del provvedimento impositivo- precisa la Suprema Corte – è condizionata soltanto al decorso del termine previsto dalla legge per la impugnazione che, in quanto termine di decadenza può essere validamente interrotto esclusivamente con il compimento dell’atto (proposizione del ricorso) previsto espressamente dalla legge (art. 2964 c.c.).

[7] Cass. civ., sez. trib., 26 marzo 2010, n. 7335; Cass. civ., sez. trib., 22 febbraio 2002, n. 2531.

[8] Cass. civ., sez. trib., 8 ottobre 2013, n. 22827, che richiama Cass. civ., sez. trib., 20 novembre 2006, n. 24620. Conforme, Cass. civ., sez. trib., 16 luglio 2003, n. 11114.

[9] Nel caso in esame, la richiesta di autotutela del contribuente è motivata dalla pendenza di un procedimento penale avente ad oggetto il processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, che – secondo quanto asserito – per costituire valido presupposto dell’avviso di accertamento dovrebbe essere accompagnato da una sentenza definitiva, rappresentando mero elemento investigativo di un’indagine condotta in autonomo giudizio.

[10] Cass. civ., sez. trib., 12 novembre 2010, n. 22984.

[11] Ai sensi dell’art. 2700 c.c. ‘l’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti’.

[12] Ai sensi dell’art. 20 in argomento, ‘Il procedimento amministrativo di accertamento ed il processo tributario non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento comunque dipende la relativa definizione’.

[13] Cass. civ., n. 22984/2010, cit., osserva che gli artt. 2 c.p.p. e 654 c.p.p. affermano l’uno l’autonomia del giudice penale nel decidere incidenter tantum le questioni civili o amministrative, l’altro l’autonomia del giudice civile o amministrativo quando sia diverso il regime probatorio (anche Cass. civ., sez. trib., 27 febbraio 2013, n. 4924, rileva che il processo penale e il processo tributario poggiano su un sistema probatorio sostanzialmente diverso). L’art. 220 disp. att. c.p.p. impone l’obbligo del rispetto delle disposizioni del codice di procedura penale, quando nel corso di indagini ispettive emergano indizi di reato, ma soltanto ai fini della ‘applicazione della legge penale’.

[14] Cass. civ., sez. trib., n. 4924/2013, cit..

[15] Recante ‘Norme per la repressione della evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria’.

[16] Artt. 2 e 654 c.p.p. e 220 disp. att. c.p.p. richiamati dalla Suprema Corte.

[17] Cfr. Cass. civ., sez. trib., 18 dicembre 2014, n. 26814, secondo cui l’istanza di autotutela non può spiegare effetti sul rapporto tributario fondato sull’avviso di accertamento, destinato a divenire definitivo ed incontestabile in difetto della tempestiva opposizione nel termine di decadenza previsto dall’art. 21, comma 1, del D.lgs. 546/1992.

[18] Così Baldassarre Gullo, L’autotutela sospensiva, uno strumento poco noto, su Fisco oggi, 14 gennaio 2008; Pasquale Mirto, Manuale operativo per l’applicazione della IUC, Maggioli, 2014, pag. 355, secondo cui il comune può sospendere il pagamento di un atto di accertamento, ma non può sospendere i termini di impugnazione, in quanto essendo questi previsti dalla legge a pena di inammissibilità sono termini indisponibili dalle parti. Si segnala, peraltro, che parte della dottrina ritiene, in senso difforme, che si tratti di un istituto cui consegue in via di eccezione la sospensione dei termini per proporre ricorso giurisdizionale (Massimo Basilavecchia, Funzione impositiva e forme di tutela. Lezioni sul processo tributario, Giappichelli, 2013, p. 57; Augusto Fantozzi, Diritto tributario, Wolters Kluwer Italia, 2012, p. 1014).

[19] Cassazione civ., sez. trib., n. 26814/2014, cit..

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