La questione delle quote inesigibili ai fini della determinazione delle tariffe del tributo sui rifiuti, costituisce una tema tanto discusso, quanto ancora lontano da essere giunto alla sua definitiva soluzione. Sull’argomento anche IFEL ha posto una particolare attenzione durante il ciclo dei propri “webinair”, dedicato allo schema di Regolamento sulla Tari. I dibattiti intervenuti hanno condotto all’elaborazione di alcune FAQ, realizzate il 15 aprile, ma pubblicate lo scorso 26 aprile.
Il problema non è di poco conto perché oltre ad impattare su questioni di natura contabile, comporta maggiori oneri, anche rilevanti, per i contribuenti TARI dei Comuni in cui si registra un grado di riscossione non molto elevato.
Come è noto, nella determinazione delle tariffe TARI, approvate dal Consiglio Comunale, ai sensi dell’art. 1, comma 683, della legge n. 147/2013, occorre prendere in considerazione tutti i costi di gestione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. I dati sono contenuti nel P.E.F., di cui al d.P.R. n. 158/1999. Il richiamato decreto, dove, all’allegato “1”, è disposto che, fra i costi CGD, devono essere inclusi quelli operativi di gestione, mutuati dal d. Lgs. n. 127/1991 nella sezione “B”. In questo elenco si trova, al punto B12, “l’accantonamento per rischi, nella misura massima ammessa dalle leggi e prassi fiscali”. Tale previsione va coordinata anche con la disposizione dettata dall’art. 1, comma 654-bis, della legge n. 147/2013, che impone l’inclusione dei mancati ricavi relativi a crediti risultati inesigibili con riferimento alla TIA 1, TIA 2 e TARES. Va rimarcato, tuttavia, che la combinazione delle norme illustrate ha creato confusione nella individuazione della percentuale di “crediti inesigibili” da indicare fra i costi da coprire.
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