dieci giorni dalla notificazione del titolo e, al secondo comma, che, entro un anno dalla morte, la notificazione può farsi agli eredi collettivamente e impersonalmente,
nell’ultimo domicilio del defunto. L’erede di un contribuente – nei cui confronti era stata accertata definitivamente la debenza di un tributo con sentenza passata in giudicato – ha chiesto alla Corte suprema se, ai sensi dell’articolo 25, comma 2, del Dpr 602/1973, “possa assegnarsi all’ingiunzione di pagamento formulata dall’Agenzia delle Entrate a mezzo cartella di pagamento natura e funzione analoga a quella del precetto di cui all’art. 480 c.p.c., ossia quella di atto prodromico all’esecuzione forzata, la quale inizia solo con l’atto di pignoramento ex art. 491 c.p.c.”.
A tal proposito, la sentenza della Cassazione 22426/2014 afferma che la riscossione coattiva delle imposte – disciplinata sulla scorta delle speciali norme di cui agli articoli 45 e seguenti del Dpr 602/1973, per i quali l’iscrizione a ruolo costituisce titolo esecutivo che viene notificato al contribuente assieme alla cartella di pagamento – prevede che, dopo la notifica del titolo assieme alla cennata cartella, non possa procedersi all’esecuzione forzata prima che siano trascorsi sessanta giorni da detta notificazione.
Una volta evidenziata l’applicabilità di tale disciplina, trova ragionevole risposta anche il successivo quesito proposto sull’applicazione dell’articolo 477 cpc, che impone al creditore che agisca nei confronti del de cuius almeno dieci giorni prima della notifica del precetto, con l’effetto della sussistenza o meno, in capo all’Agenzia delle Entrate e al concessionario per la riscossione, dell’obbligo di notificare all’erede la cartella di pagamento inteso quale precetto. Infatti, viene dai contribuenti prospettato, per effetto del rinvio dettato dall’articolo 1 del Dlgs 546/1992, sul contenzioso tributario, alla disciplina processuale civile, l’esistenza di tale obbligo in capo ai detti soggetti pubblici “laddove azionino nei confronti degli eredi del contribuente principale un titolo esecutivo (avviso di liquidazione, sentenza definitiva che lo conferma, ecc.) formato nei confronti di quest’ultimo e notificatogli illo tempore”, titolo viceversa mai notificato al dante causa.
La natura speciale attribuita alla cennata disciplina sul procedimento di escussione dei tributi ha permesso alla sentenza in nota di escludere l’integrazione della normativa processuale tributaria con l’articolo 477 cpc, perché, prima dell’esecuzione, l’erede del contribuente deceduto riceve la notifica del titolo assieme con la notifica della cartella, godendo di uno spatium deliberandi di sessanta giorni, il quale, pertanto, risulta ben maggiore di quello previsto dall’articolo 477. Non si rinvengono precedenti giurisprudenziali negli esatti termini, mentre la pronuncia della Suprema corte avverte che la sentenza della Cassazione 26 febbraio 1990, n. 1436, in tema di esecuzione coattiva per ingiunzione fiscale dettata dalla legge 14 aprile 1910, n. 639, non risulta applicabile, in quanto “resa in un contesto storico giuridico di assenza della specifica normativa di cui al D.P.R. n.602, ed in cui in effetti la fase coattiva seguiva le regole dell’esecuzione civile ordinaria e per cui anche la regola di cui all’art. 477 c.p.c.”. In tal pronuncia venne ben messo in risalto che l’ingiunzione fiscale, notificata al contribuente, che – in difetto di tempestiva opposizione – abbia determinato l’incontestabilità dell’accertamento del credito tributario, non perde il valore di titolo esecutivo nei confronti dell’erede a seguito del sopravvenuto decesso del dante causa, ancorché sia venuta meno la sua efficacia di precetto per decorso del termine di cui all’articolo 481 cpc, e, ancora, che l’azione esecutiva dell’amministrazione contro l’erede resta soggetta alle disposizioni dell’articolo 477, cpc e, quindi, esige una nuova notifica del titolo, e poi, dopo almeno dieci giorni, la notifica del precetto.
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