In base alle indicazioni del documento, rientrano nei nuovi istituti praticamente tutti gli atti emessi dalla stessa Agenzia che risultano impugnabili ai sensi dell’articolo 19 del Dlgs 546/92. Tra questi, vengono compresi anche il rifiuto espresso e tacito alla restituzione di tributi. Particolarmente importanti le affermazioni sui ruoli, i quali rientrano in linea di massima tra le nuove disposizioni. Poiché i ruoli vengono “portati” attraverso la cartella di pagamento, occorre distinguere, comunque, se quest’ultima viene impugnata soltanto per vizi propri della stessa o meno. In sostanza, se la cartella risulta impugnata per “vizi” riconducibili all’attività dell’agenzia delle Entrate, il contribuente deve esperire il reclamo, mentre se la cartella risulta impugnata soltanto per vizi propri – ad esempio, riconducibili alla notifica – la controversia non risulta oggetto di reclamo. Vi rientrano, invece, tutte quelle casistiche in cui il contribuente formuli eccezioni sia relative all’attività dell’agente della riscossione sia delle Entrate.
Va rilevato che, nel caso in cui il contribuente lamenti la mancata notifica dell’atto “presupposto” riconducibile all’attività delle Entrate (esempio: atto di accertamento), il contribuente risulta obbligato a presentare il reclamo avverso gli atti conseguenti, come la cartella, il fermo e l’ipoteca.
Viene affrontato anche il problema della sospensione della riscossione. Visto che il termine per provvedere al pagamento di una cartella di pagamento è di 60 giorni dalla notifica mentre il reclamo si conclude entro 90, la circolare stabilisce che si possono applicare le regole dell’autotutela. In altre parole, l’ufficio può disporre la sospensione degli effetti dell’atto. Di conseguenza, il contribuente potrà chiedere con il reclamo, alla Direzione che ha emanato l’atto, la sospensione dell’esecuzione dello stesso per il tempo necessario alla conclusione del procedimento.
Sicuramente rilevanti sono le precisazioni riguardanti le sanzioni. L’Agenzia specifica che, considerando che si applicano «per quanto compatibili» le disposizioni sulla conciliazione giudiziale, le sanzioni (quando non si giunge all’annullamento dell’atto) si applicano nella misura del 40% delle somme irrogabili in rapporto al tributo risultante dalla mediazione. Viene affermato, ulteriormente , che il reclamo risulta alternativo rispetto all’acquiescenza (sanzioni ridotte a un terzo); tuttavia, viene sottolineato che l’ufficio risulta legittimato a concludere un accordo di mediazione che conferma integralmente l’atto impositivo, con il beneficio per il contribuente della riduzione delle sanzioni al 40% (se ciò non risulta più favorevole rispetto ad eventuali definizioni precedenti al reclamo o alla mediazione).
Anche con riguardo al perfezionamento si applicano le medesime regole valevoli per la conciliazione: in particolare, il fatto che la procedura si perfeziona con il pagamento di quanto dovuto (oppure della prima rata) entro 20 giorni dalla conclusione dell’accordo di mediazione.
Va notato che nella circolare si afferma che, quando non si giunge all’annullamento dell’atto, si deve in linea di massima accettare o la proposta di mediazione dell’ufficio o quella fatta dal contribuente. Si deve evitare, in linea di principio, una mediazione parziale, visto che gli istituti hanno come finalità quella di giungere alla definizione del rapporto, evitando l’attivazione della fase giurisdizionale.
Un solo appunto: il fatto che si affermi che all’istanza di reclamo/mediazione non si applichi la pausa feriale dei termini processuali, dovendosi concludere il tutto entro 90 giorni. Per l’accertamento con adesione, dove non si è ancora nella fase processuale, è stato detto il contrario (risoluzione 159/1999).
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