L’Imu potrà essere pagata direttamente nel modello 730/2012 compensandola con eventuali crediti Irpef vantati verso l’erario. Sarà poi l’Agenzia delle entrate a riversare ai comuni la quota di imposta di pertinenza dei sindaci (100% dell’Imu sull’abitazione principale e 50% di quella sulle seconde case) e le modalità verranno stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. Rateizzare l’Imu in due o tre tranche (anche qualora si debba pagare solo qualche dodicesimo di imposta perché per esempio l’immobile è stato venduto o acquistato nel corso dell’anno) sarà obbligatorio. Infatti, anche qualora i comuni deliberino aliquote e detrazioni prima del 18 giugno o del 17 settembre, queste decisioni «non possono essere considerate definitive». Perché potrebbero essere modificate dai sindaci entro il 30 settembre e ulteriormente ritoccate dal governo con i dpcm da emanare entro il 10 dicembre. Per questo la possibilità, anche solo teorica, di un versamento unico a giugno va esclusa. Sono questi i principali chiarimenti della bozza di circolare sull’Imu che il dipartimento delle finanze del Mef dovrebbe diffondere ufficialmente oggi.
I margini di manovra dei sindaci. La corposa nota (47 pagine in tutto) firmata dal direttore generale Fabrizia Lapecorella, interviene a chiarire gli aspetti più problematici della disciplina. A cominciare dai margini di manovra concessi ai comuni sulle aliquote. I paletti fissati dalla legge alla libertà impositiva dei sindaci non sono pochi. Alcuni li prevede già il dl Salva Italia (dl 201/2011) nella parte in cui stabilisce per esempio che, ove gli enti decidano di aumentare le detrazioni fino ad azzerare l’Imu sull’abitazione principale, non possano contemporaneamente fissare un’aliquota superiore a quella ordinaria (0,76%) per le seconde case. Altri li stabilisce la circolare in via interpretativa. L’azzeramento dell’imposta, infatti, potrà riguardare solo «specifiche fattispecie meritevoli di tutela, fermi restando i criteri generali di ragionevolezza e non discriminazione». I comuni non potranno andare oltre i margini di manovra sulle aliquote stabiliti dal dl Salva Italia (0,2% in più o in meno rispetto allo 0,4% per l’abitazione principale e 0,3% in più o in meno rispetto allo 0,76% per l’abitazione secondaria). Tali paletti costituiscono limiti invalicabili per i sindaci che però potranno differenziare le aliquote «sia nell’ambito della stessa fattispecie impositiva sia all’interno del gruppo catastale con riferimento alle singole categorie».
Detrazioni proporzionali. Le detrazioni si applicheranno proporzionalmente alla durata della condizione che le legittima. Nel caso di un immobile adibito ad abitazione principale da più soggetti passivi, lo sconto di 200 euro spetterà a ciascuno di essi in egual misura e proporzionalmente al tempo durante il quale l’abitazione è stata destinata a prima casa. Le stesse regole valgono per lo sconto extra di 50 euro per ciascun figlio under 26 residente nell’abitazione principale. L’importo di tale ulteriore beneficio, precisa la circolare delle Finanze, «si calcola in misura proporzionale al periodo in cui persiste il requisito che dà diritto alla maggiorazione».
Sconto prima casa. Il contribuente non può applicare agevolazioni per più di un’unità immobiliare a meno che non abbia preventivamente provveduto ad accatastare unitariamente gli immobili. Per abitazione principale si deve intendere l’immobile nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. In altri termini, ha chiarito la circolare, il dl 201 ha voluto unificare il concetto di residenza anagrafica e di dimora abituale per evitare comportamenti elusivi. E per questo ha stabilito che quando i componenti del nucleo familiare abbiano fissato dimora abituale e residenza anagrafica in immobili diversi situati nello stesso comune, le agevolazioni prima casa si potranno godere solo per un immobile. Se gli immobili adibiti ad abitazione principale sono situati in comuni diversi tutto cambia perché «il rischio di elusione della norma è bilanciato da effettive necessità di dover trasferire la residenza anagrafica e la dimora abituale in un altro comune, ad esempio per esigenze lavorative».
Pertinenze. I contribuenti potranno associare all’abitazione principale al massimo tre pertinenze ossia una per ciascuna delle categorie catastali ammesse dal dl 201: C/2, C/6 e C/7.
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