In presenza di due unità immobiliari contigue, autonomamente accatastate, per applicare le agevolazioni Imu per l’abitazione principale occorre richiedere quanto prima l’accatastamento unitario. Altrimenti, una delle due sarà considerata come seconda abitazione e assoggettata a imposizione con l’aliquota ordinaria. Il vantaggio dell’applicazione dell’aliquota ridotta compensa ampiamente, quasi sempre, l’incremento della rendita. Si tratta di una conseguenza della diversa nozione di abitazione principale rispetto a quella valevole ai fini dell’Ici.
Nell’ambito del vecchio tributo comunale, la definizione di abitazione principale (articolo 8 del Dlgs 504/92) non faceva riferimento al numero delle unità immobiliari ma unicamente alla destinazione delle stesse a dimora abituale del contribuente e dei suoi familiari. La Cassazione ha interpretato la norma dell’Ici nel senso di dare prevalenza alla destinazione unitaria dei fabbricati, a prescindere dalle modalità di accatastamento degli stessi. In alcune pronunce quindi (sentenze 25902/2008 e 12269/2010), la Corte ha riconosciuto le agevolazioni di legge nei confronti di due immobili contigui, autonomamente accatastati, adibiti entrambi a dimora abituale della famiglia. Ma le cose sono diverse nell’Imu.
La previsione dell’articolo 13 del Dl 201/2011 dispone infatti che l’abitazione principale è costituita dall’unica unità immobiliare iscritta o iscrivibile in catasto come tale, in cui il contribuente risiede e dimora. In questo caso, vi è quindi un preciso riferimento alle modalità di accatastamento del fabbricato. Come conferma la circolare n. 3 del 2012 del Dipartimento delle politiche fiscali, la diversa formulazione è stata pensata proprio per superare il sopra citato orientamento della Corte di Cassazione.
Ne deriva che un contribuente che possiede due fabbricati contigui, con distinta iscrizione in catasto, dovrà chiederne la fusione al competente Ufficio del Territorio. In caso contrario, solo uno dei due appartamenti, a scelta del contribuente, sarà soggetto all’aliquota ridotta di legge del 4 per mille, mentre l’altro ricadrà nella più elevata aliquota ordinaria deliberata dal comune. A tale scopo, si ritiene possa essere sufficiente anche l’accatastamento unitario ai fini fiscali. Si tratta di una modalità prevista quando la fusione delle due unità non è possibile per la distinta titolarità delle stesse.
Si faccia il caso, ad esempio, di due appartamenti sullo stesso piano, di cui uno in proprietà del marito e l’altro della moglie. In tale eventualità, è possibile richiedere all’Ufficio del Territorio una apposita annotazione negli atti catastali contenente l’indicazione delle rendite attribuibili nell’ipotesi in cui le due unità fossero fuse. In realtà, gli appartamenti restano distinti ma in questo modo si consente di calcolare la rendita data dalla somma delle due unità e di determinare così un unico imponibile Imu sul quale applicare l’aliquota ridotta. Va peraltro avvertito che la fusione, fiscale o catastale, dei due fabbricati non potrà avere effetti retroattivi, ma opererà a partire dalla sua annotazione agli atti del Territorio.
La disciplina Imu è invece più permissiva per ciò che riguarda la possibilità di separare le residenze dei coniugi. Secondo la circolare n. 3 del 2012, bisogna distinguere a seconda che le residenze separate dei due coniugi siano nello stesso comune o in comuni diversi. Nel primo caso, le agevolazioni potranno essere applicate solo su uno dei due immobili, a scelta del contribuente. Se invece le residenze distinte sono in comuni diversi allora ad entrambe le unità immobiliari spetteranno l’aliquota ridotta e la detrazione di legge.
Luigi Lovecchio
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