Difficile pensare che non sarebbe successo. Otto Comuni su dieci hanno alzato – o stanno pensando di alzare – il livello base della nuova imposta municipale sugli immobili: il dato medio arriva allo 0,95%, rispetto allo 0,76% di partenza fissato dal decreto salva-Italia a dicembre dell’anno scorso. E il conto lo pagheranno soprattutto le imprese e i proprietari di case affittate, dal momento che l’aliquota ordinaria si applica a tutti gli immobili diversi dall’abitazione principale e dai fabbricati rurali strumentali (stalle e cascine), a meno che non siano dettate eccezioni specifiche. Eccezioni che, però, hanno quasi sempre una portata limitata. Insomma: ristrettezze di bilancio, tagli dei trasferimenti, patto di stabilità e spending review a livello locale stanno presentando il conto ai contribuenti.
Le decisioni dei sindaci
L’aliquota media è il risultato delle elaborazioni condotte dal Sole 24 Ore su un campione di oltre 80 capoluoghi di provincia, nei quali il consiglio comunale – o in alcuni casi la giunta – ha messo a punto le aliquote locali dell’Imu, che dovranno essere utilizzate dai contribuenti per il saldo del 17 dicembre (mentre la seconda rata di lunedì prossimo, scelta da una piccola minoranza di proprietari, si paga ancora con le regole nazionali).
Le decisioni dei sindaci non sono ancora definitive, perché c’è tempo fino al 31 ottobre per approvare il bilancio preventivo (sic) per il 2012 ed eventualmente cambiare i programmi. In alcuni casi le correzioni sono molto probabili, come ad Aosta, dove la delibera risale alla fine del 2011 e dove gli uffici tecnici stanno ancora ragionando su eventuali modifiche. O come a Messina, dove dopo le dimissioni del sindaco sta per arrivare il commissario ed è possibile che le aliquote siano riviste al rialzo. A Parma e Oristano, invece, le amministrazioni elette dai cittadini devono decidere se confermare o rivedere le decisioni prese nei mesi scorsi dai commissari.
Altre città non hanno ancora votato la delibera, e in molti casi la scelta è stata quasi obbligata. A Isernia, a esempio, il commissario Annunziato Vardè si è insediato a giugno e spiega: «Non ho ancora potuto approvare nemmeno il conto consuntivo 2011, e quindi siamo ancora impegnati a mettere ordine nella situazione economico-finanziaria dell’ente».
Priorità alla prima casa
Analizzando nel dettaglio le scelte degli amministratori locali, si vede chiaramente che la priorità è andata alle abitazioni, e in particolare alla prima casa. Qui l’aliquota media si ferma allo 0,44 per cento. Al di sopra del livello base fissato dal salva-Italia, ma con un incremento decisamente più modesto di quello con cui devono fare i conti le imprese e i proprietari di case affittate.
Una volta limata l’aliquota base per la prima casa, però, non restano molte risorse per altre agevolazioni alle abitazioni. Lo dimostra la grande diffusione di una misura dal forte significato sociale (ma dai costi in bilancio tutto sommato contenuti) come l’assimilazione alla prima casa degli alloggi posseduti da anziani e disabili ricoverati.
Molto meno frequenti, invece, sono gli incrementi della detrazione di 200 euro o le riduzioni d’aliquota per le case affittate a canone libero. E anche i proprietari che hanno siglato affitti a canone concordato devono fare i conti con un prelievo che in una città su due è allineato a quello per le locazioni di mercato. Si allinea invece all’1% (la media è 0,99%) l’Imu sulle seconde case sfitte: i parametri cambiano da città a città – a volte basta che non sia stato registrato un contratto di locazione negli ultimi sei mesi – ma in metà dei capoluoghi si arriva direttamente al massimo del prelievo, e quindi all’1,06 per cento.
Tra tante ristrettezze di bilancio resta comunque lo spazio per alcune disposizioni innovative. Quella di Lecce, per esempio, prevede un’aliquota ridotta dello 0,1% per cinque anni per le case al servizio delle quali vengono installati impianti solari fotovoltaici.
Imprese nel mirino
La portata degli sconti si assottiglia ancora di più se dalle abitazioni si passa alle attività produttive. Poche città riescono a prevedere un’aliquota inferiore a quella ordinaria per tutti gli immobili d’impresa. Le agevolazioni, piuttosto, si concentrano su situazioni molto specifiche: i negozi o i laboratori utilizzati direttamente dal proprietario; gli alloggi realizzati dai costruttori e rimasti invenduti; i cinema e i teatri; le botteghe storiche; i negozi di vicinato.
In un momento di crisi economica, ci sono anche alcune agevolazioni Imu che vanno nella direzione di incentivare (o premiare) la nuova occupazione. Oltre alle poche città che scontano la ristrutturazione o la costruzione di fabbricati destinati a nuove imprese, si segnalano i casi di Venezia (0,76% per un anno a chi assume disoccupati giovani oppure over 50) e Lecco (0,46% per chi dà lavoro tra gli altri ad apprendisti o ricercatori). Si tratta, però, di casi isolati rispetto a un trend generale che va nella direzione opposta. E non è detto che l’onda dei rincari sia finita. Le città che hanno deliberato prima di conoscere l’ammontare esatto dell’acconto di giugno potrebbero dover rivedere le aliquote al rialzo.
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