Scaduti i termini per il pagamento delle prime due rate dell’Imu si apre la possibilità di rimediare ad errori ed omissioni attraverso il ravvedimento. Ma l’ampia casistica che si va scoprendo nell’applicazione pratica dell’imposta suscita sempre nuovi dubbi. Va peraltro ricordato che per il primo anno di applicazione del l’imposta, la circolare n. 3 del 2012 delle Finanze, nel richiamare la disciplina dell’Imu, ha raccomandato ai comuni una ampia esimente da sanzioni. Tanto, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 10 della legge 212/2000, quando si ravvisino obiettive incertezze sull’ambito di applicazione delle disposizioni di legge.
È peraltro da escludere l’esonero da sanzioni in caso di totale omissione degli obblighi di pagamento del tributo. Ugualmente, non pare proprio scusabile il contribuente che decida di sua iniziativa di pagare per intero l’imposta dovuta in sede di saldo, a dicembre.
Se non si vogliono correre rischi, la procedura per regolarizzare le omissioni è quella ordinaria di cui all’articolo 13 del Dlgs 472/1997. Questa prevede un termine breve di trenta giorni dalla violazione, e un termine lungo. Se il pagamento viene effettuato entro trenta giorni, la sanzione è pari a un decimo di quella base, oltre gli interessi legali. Quest’ultima a sua volta è pari al 2% del l’importo pagato in ritardo, per ciascun giorno fino al quindicesimo giorno successivo alla scadenza del termine. A partire dal sedicesimo giorno di ritardo la sanzione base diventa il 30% dell’imposta da regolarizzare.
Il termine lungo per la regolarizzazione è un anno dalla violazione. In tale eventualità, la sanzione ridotta diventa il 3,75 per cento. Al riguardo, non si concorda con quanto affermato nella bozza delle istruzioni ministeriali alla compilazione della dichiarazione Imu. Secondo le Finanze, anche nell’Imu il termine lungo coinciderebbe con la dichiarazione dell’anno al quale si riferisce la violazione. Senonché, è del tutto evidente che non esiste la dichiarazione dell’anno 2012, poiché la denuncia va presentata entro novanta giorni dall’evento da dichiarare. Non si tratta quindi di una dichiarazione periodica ma di una denuncia puntuale.
Tra le novità della bozza delle istruzioni ministeriali, si segnala quella relativa alla casa assegnata in sede di separazione e divorzio. In proposito, si ricorda che ai fini dell’Imu la casa si considera in diritto di abitazione del coniuge assegnatario. Ciò significa che l’immobile deve essere tassato per intero in capo all’assegnatario, a prescindere dalla titolarità formale. La bozza precisa in proposito che l’assegnatario dovrà presentare la dichiarazione entro il primo ottobre prossimo solo in caso di separazione legale. Questo perché il divorzio risulta annotato agli atti dell’anagrafe comunale.
In proposito, si rileva che l’incrocio dei dati anagrafici con quelli catastali da parte del comune non sarà agevole. Dagli atti dell’anagrafe infatti non si desume l’avvenuta assegnazione del l’immobile. Non è chiaro inoltre come comportarsi in tutti i casi in cui l’immobile assegnato non sia in proprietà dei coniugi ma di terzi. Si pensi ad esempio all’immobile detenuto in locazione o in comodato dai due coniugi. Si ritiene che in questo caso il titolo di utilizzo dell’immobile non possa essere ricercato nel provvedimento del giudice ma nello specifico contratto posto in essere. Di conseguenza, in tali situazioni dovrebbero tornare applicabili le regole ordinarie Imu che danno rilievo alla titolarità formale del bene. Se ciò è corretto, nessun obbligo di pagamento sorgerebbe in capo al coniuge assegnatario.
Un caso particolare si verifica se il giudice assegna al coniuge separato un immobile diverso, in proprietà dell’altro coniuge. In tale situazione, potrebbe obiettarsi che non vi è assegnazione dell’ex casa coniugale, poiché il bene attribuito è per l’appunto un altro. Ragioni di carattere sistematico, invece, indurrebbero a non trattare in modo diverso fattispecie sostanzialmente equiparabili.
In sintesi
01 | IN CASO DI DIVORZIO
L’ex casa coniugale assegnata in sede di separazione e divorzio, ai fini Imu, si considera in diritto di abitazione del coniuge assegnatario; pertanto, l’unità immobiliare deve essere dichiarata e tassata per intero in capo all’assegnatario, a prescindere dalla titolarità formale del bene
02 | LA DICHIARAZIONE
La bozza delle istruzioni ministeriali alla compilazione della denuncia Imu precisa che il coniuge assegnatario dovrà presentare la dichiarazione entro il primo ottobre solo se l’assegnazione è avvenuta in sede di separazione legale; il divorzio infatti risulta annotato agli atti dell’anagrafe e quindi è conoscibile dal comune
03 | CASA NON IN PROPRIETÀ
Non è chiaro come comportarsi quando la casa assegnata non è in proprietà dei coniugi, perché appartiene a terzi (come una casa in comodato o in locazione); in tale ipotesi, si ritiene che debbano applicarsi le regole ordinarie e che quindi l’Imu sia dovuta dall’effettivo proprietario
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